le storie del Circolo Eccentrico #16

#16 La valigia salvagente

una storia casualmente canadese

Quando il Titanic affondò a sud di Terranova, nell'aprile 1912, il mondo intero pianse la morte di oltre 1.500 persone e grande fu l'indignazione quando si seppe che sul modernissimo transatlantico non c'erano state abbastanza scialuppe di salvataggio per tutti i passeggeri. Immediatamente furono stabilite nuove norme internazionali sul numero e il tipo di dispositivi di salvataggio che ogni nave avrebbe dovuto trasportare.

Ma un inventore canadese trovò una soluzione diversa: ogni passeggero avrebbe trasportato la propria scialuppa di salvataggio personale, nella sua valigia.

John Edlund e la sua valigia

Claresholm è un ridente paesino dell'Alberta (Canada) a circa settecento chilometri da Vancouver e quindi dal mare. All'epoca contava una popolazione di 809 abitanti.

Tra questi, lontano da qualsiasi oceano o grande specchio d'acqua, John Edlund (1874–1957) decise di creare un dispositivo che garantisse la sicurezza di ogni passeggero che ne avesse posseduto uno.

Edlund, nato in Norvegia, era un ex marinaio sopravvissuto a tre naufragi prima di stabilirsi nelle tranquille praterie canadesi. Spinto dalla tragedia del Titanic, ideò e costruì una tuta salvagente personale, in grado di proteggere tutto il corpo, progettata per essere ripiegata in una valigia.

La storia dei salvagente affonda le sue origini nell'antichità quando era comune l'uso di otri gonfiati con aria. I marinai norvegesi invece facevano uso di semplici pezzi di sughero. Gli inglesi rivendicano il primato dei moderni salvagente: il capitano John Ross Ward, ispettore della Royal National Lifeboat Institution, nel 1854 inventò un giubbotto di tela e sughero da far indossare ai suoi equipaggi per protezione contro le intemperie e per sicurezza, nel caso fossero caduti in acqua.

L'idea di Edlund era invece che, se i passeggeri di una nave fossero stati in pericolo, avrebbero semplicemente dovuto aprire la sua valigia di salvataggio, estraendone la tuta impermeabile in cui infilarsi.

Le appendici delle gambe e delle braccia rendevano possibile camminare sul ponte della nave ed entrare in acqua. La borsa stessa, una volta richiusa, proteggeva la testa e la parte superiore del corpo del nuotatore e un piccolo oblò di vetro permetteva di vedere dove stava andando. Il dispositivo, completo di prese d'aria, garantiva di mantenere l'utilizzatore asciutto e al sicuro per almeno quattro giorni e prevedeva persino spazio per cibo e acqua potabile.

Naturalmente, se non la si rivoltava, la borsa poteva contenere vestiti e altri articoli da viaggio come una qualsiasi valigia.

A Edlund fu offerto un piccolo compenso per cedere la sua invenzione, ma rifiutò pensando di poter produrre e commercializzare autonomamente il prodotto. La valigia salvagente venne quindi presentata su giornali e riviste in tutto il Nord America, raccogliendo un notevole interesse. Ma a distrarre il mondo ci pensò la prima guerra mondiale, e l'invenzione di Edlund fu presto dimenticata e non prese mai il largo.