una storia di satanisti da salotto, leoni e organetti
Se vi dico "Satanista", voi a cosa pensate? A un tizio incappucciato, che borbotta formule latine in una cantina umida, magari con un debole per le capre e certa musica metal che farebbe accapponare la pelle a un demone.
Bene, ora immaginatevi questo stesso tizio che, invece della tunica, indossa un completo elegante, si pettina con cura un pizzo mefistofelico e, al posto di un altare di teschi, suona valzer strampalati su un organetto che sembra rubato a un luna park.
Signore e signori, ecco a voi Anton Szandor LaVey. Un un genio del marketing con un debole per il grottesco, che ha preso il Diavolo, gli ha fatto un restyling completo e l'ha trasformato in una popstar.
Anton LaVey
Howard Stanton Levey
Partiamo dall'inizio: il nostro Anton non si è sempre chiamato così. All'anagrafe era un meno suggestivo Howard Stanton Levey, nato a Chicago. Ma si sa, "Howard" non acchiappa l'attenzione. "Anton", invece, suona già più sinistro e misterioso.
La sua biografia ufficiale? Un capolavoro di frottole, una specie di CV scritto da un mitomane con un'immaginazione degna di un romanziere. LaVey giurava e spergiurava di essere stato di tutto: domatore di leoni per un circo famoso (mai successo), fotografo per la polizia di San Francisco nei casi più crudi (altra balla colossale) e, ciliegina sulla torta, tenero amante di una giovane e ingenua Marilyn Monroe (una bugia così sfacciata che quasi merita un applauso).
Lui stesso, con un'onestà disarmante, ammise: "Sono un bugiardo eccezionale. Mi rende più vicino a ciò che il Diavolo dovrebbe essere."
La vera genialata di LaVey fu spogliare il satanismo di tutto ciò che lo rendeva spaventoso. Niente sacrifici, niente inferno, niente patti col sangue. Il suo Satana non era un'entità malvagia, ma un simbolo. Il simbolo dell'individualismo, del piacere, della ribellione contro le regole noiose imposte da una società bacchettona.
La sua Bibbia Satanica, più che un testo sacro, sembra un manuale di auto-aiuto per edonisti. Il comandamento principale? "Fai quello che ti pare, ma lascia in pace i bambini e gli animali." In pratica, il satanismo secondo LaVey era edonismo ateo con un guardaroba migliore. I suoi seguaci? Gente che adorava principalmente una cosa: se stessa.
E le famose messe nere con donne nude usate come altari? Puro psicodramma. Un modo teatrale per liberarsi delle frustrazioni. La magia, per lui, era solo "psicologia applicata": l'arte di convincere il mondo a darti quello che vuoi, che fosse un aumento o il parcheggio libero sotto casa.
Negli anni '60, la sua Chiesa di Satana, con sede nella leggendaria Black House di San Francisco (una villetta qualsiasi ma dipinta di nero, ovviamente), divenne il club più cool per chiunque volesse sentirsi un ribelle senza troppi sbattimenti.
Ci passarono celebrità come Sammy Davis Jr. e l'attrice Jayne Mansfield, più per curiosità che per vera fede. Era l'attrazione del momento: un po' come andare a vedere un film dell'orrore, ma dal vivo e con un anfitrione carismatico.
LaVey era un personaggio squisitamente eccentrico. Registrò un album, The Satanic Mass (lo trovate in fondo alla pagina), che suona come la colonna sonora di un autoscontro all'inferno. Era un elitista convinto che l'uguaglianza fosse una favola per sciocchi (idea che, purtroppo fraintesa, attirò le simpatie di alcuni neonazisti da cui la Chiesa Satanista prese subito le distanze). Fu persino un padre a modo suo: battezzò sua figlia Zeena con un rito satanico, per poi essere rinnegato da lei anni dopo. Al suo ultimo figlio, nato quando aveva 63 anni, diede il nome di Satan Xerxes Carnacki. Genio o follia? A voi la scelta.
LaVey battezza la figlia Zeena, San Francisco, 1967.
Anton LaVey con il suo cucciolo di leone, Togare, California, fine anni '50.
La sua più grande lezione, forse, è stata quella di insegnarci a ridere del potere. Ha preso il simbolo del male assoluto e l'ha trasformato in un marchio, in uno spettacolo da baraccone, in un pretesto per vendere libri e scandalizzare i benpensanti.
Oggi, se i satanisti sono più tipi da caffè letterario che da rogo di eretici, il merito è suo. E in un'epoca di influencer che si prendono terribilmente sul serio, un po' del suo cinismo teatrale non ci farebbe affatto male.
E se per caso incontrate il Diavolo, chiedetegli se vi fa fare un giro sulla sua giostra. Potrebbe essere più divertente di quanto pensiate.
"L'ignoranza è una cosa, ma la nostra società prospera sempre di più grazie alla stupidità. La colpa è delle persone che accettano qualsiasi cosa venga detta loro. I media promuovono una stupidità coltivata come un atteggiamento non solo accettabile, ma lodevole". (da La Bibbia Satanica)
Anton LaVey, Jayne Mansfield e un Chihuahua, California, 1966-67.