le storie del Circolo Eccentrico #17

#17 La cucina invisibile

una storia di ricette clandestine

Alexander Solzhenitsyn

Boris Pasternak

Boris Pasternak

Vladimir Majakovskij

Vladimir Majakovskij

Václav Havel

Conoscete la parola samizdat? I samizdat erano le pubblicazioni clandestine con cui al di là della cortina di ferro, a partire dagli anni '50 del novecento, gli intellettuali non allineati al potere sovietico facevano circolare opere vietate dal regime: poesia, letteratura, teatro e persino musica leggera.

Ma una breccia ben più grande e pericolosa si era aperta da decenni nell'ortodossia comunista. Stiamo parlando dei libri di cucina non ufficiali - ricette scritte a mano e scambiate tra forni e fornelli domestici - che davano alla popolazione uno strumento di concreto miglioramento e progresso delle condizioni di vita in contrapposizione alla propaganda culinaria dello stato sovietico.

manifesto propagandistico sovietico

Manifesto sovietico di propaganda

Ingredienti razionati o introvabili. Controllo statale sugli acquisti. La cucina casalinga in URSS poteva essere uno sforzo frustrante e, come ogni altra cosa nella vita sovietica, lo stato cercava di definirne le regole fin nei minimi dettagli.

Nella visione post-rivoluzionaria, la borghesia era passata dai ruoli di supervisione di un gran numero di servi per la gestione di grandi case alla ben più modesta condivisione di piccoli appartamenti urbani. Il pranzo era visto come un momento fondamentale della società sovietica, con la tavola come luogo di ritrovo dove tutti i cittadini dovevano incontrarsi e condividere un identico stile alimentare.

Le ricette dovevano servire anche ad appiattire la diversità delle culture all'interno dell'URSS e a far sparire le mille diverse tradizioni etniche e i tanti precetti alimentari religiosi, entrambi ingredienti essenziali nel buon cibo.

Le ricette tradizionali furono presto sostituite dai libri di cucina ufficiali del governo, che però risultarono del tutto inutili a chi doveva davvero cucinare. Semplicemente le ricette nei libri di cucina socialista non riflettevano la realtà: gli ingredienti indicati erano spesso disponibili solo per le élite e i lavoratori non avevano abbastanza tempo per seguire le complicate modalità di preparazione suggerite!

Il libro del cibo gustoso e sano - edizione 1939

Nonostante la pianificazione assoluta dell'Unione Sovietica prevedesse quindi la volontà di plasmare le preferenze e le tradizioni alimentari e di controllare cosa e come si cucinasse in casa, ciò non impedì ai cittadini di trovare alternative interessanti, e persino estremamente gustose, in grado di generare quanto meno una illusione di abbondanza in contrapposizione al rigore proposto dal regime.

I libri di cucina non ufficiali, nella gran parte dei casi manoscritti ricopiati a mano tra vicini di casa, aiutarono a conservare i ricordi della cucina tradizionale pre-rivoluzionaria unita a sperimentazioni e soluzioni originali per cucinare. Privati, informali e praticamente invisibili al governo, questi documenti domestici hanno aiutato per decenni a mettere insieme pasti da quello che sembrava essere il nulla, ricombinando gli ingredienti disponibili nella nuova economia collettivizzata in una sorta di bricolage.

Le donne nei regimi comunisti erano molto orgogliose di riuscire a risolvere problemi apparentemente insormontabili, soprattutto per le festività quando i piatti più sofisticati dovevano essere preparati con ingredienti ordinari e i gusti complessi ottenuti con prodotti comuni ed economici.

Per decenni hanno scambiato ricette scritte a mano e condiviso informazioni su ingredienti e metodologie culinarie in un processo complesso e socialmente stratificato di dare e avere, usando l'ospitalità come un sistema per ampliare conoscenze e potenzialità. Attraverso “chiacchiere gastronomiche” con conoscenti e ospiti occasionali hanno appreso nuove tattiche; chiedendo di copiare le ricette della padrona di casa le comunicavano ammirazione e rispetto. Rifiutarsi di condividere una ricetta era impensabile. In una società in cui la disuguaglianza e il bisogno erano onnipresenti ma mai apertamente riconosciuti, le persone facevano affidamento l'una sull'altra per il sostegno reciproco. I loro piatti magari non saranno stati all'altezza della haute cuisine, ma lo scambio di ricette e il prestigio derivante ha creato più solidarietà comunitaria di quanto avrebbe mai potuto fare un governo.

Questa era la vera, anche se non ufficiale, cucina dell'Unione Sovietica: calda, unica e reciprocamente solidale, anche di fronte a un regime totalitario.

E ora non ci resta che darvi un esempio di quello di cui abbiamo parlato.

L'Okroshka, un antico piatto russo che contiene ingredienti tritati finemente, godette di grande popolarità in URSS. Il motivo del suo successo è semplice: è quasi impossibile giudicare la quantità e qualità di ingredienti come wurstel, cetrioli o ravanelli quando sono stati tagliati a cubetti e galleggiano in porzioni generose di kvas e smetana (panna acida).

Prima della rivoluzione gli ingredienti erano molto diversi, tipicamente carne bollita di alta qualità (solitamente manzo) o pesce bianco. La carenza di cibo sovietica servì a stravolgere la versione prerivoluzionaria del piatto a tal punto che rimase solo il nome. Inizialmente la carne fu sostituita da lingua, frattaglie e scarti. Poi dalla fine degli anni '50 i wurstel tritati finemente o la salsiccia bollita (un comune sostituto della carne durante la tarda epoca sovietica) divennero l'ingrediente principale. Quando la carenza di cibo ha raggiunto il picco, è apparsa una varietà vegetariana e occasionalmente il consumatore ha avuto un'ulteriore sorpresa poiché il kvas è stato sostituito con kefir (una bevanda a base di latte fermentato).